Le
azioni rese disponibili agli apprendisti finalizzate alla progettazione, accompagnamento,
tutoraggio e valutazione dei percorsi individuali sono finanziate attraverso
assegni formativi (voucher).
Il
lavoratore può (ma non “deve”) essere
retribuito fino a due livelli inferiori a
quello che dovrà conseguire (in genere, la contrattazione collettiva prevede un
passaggio intermedio durante il percorso formativo) o, in alternativa, in
percentuale “a salire” rispetto al livello finale, secondo le tempistiche
dettate dal CCNL.
Ben inteso che la
retribuzione non è indice dell’esistenza del rapporto di apprendistato: l’elemento
essenziale risulta essere invece il
piano formativo.
La
contribuzione è “propria” e non ridotta,
come ebbe a
sostenere il Min. del Lavoro già dal 2008 con la circolare n. 5 del 30 gennaio
al cui orientamento l’INPS si adeguò velocemente. Di conseguenza, le
percentuali dell’1,5% del primo anno, del 3% del secondo anno e del 10% a
partire dal terzo per le aziende con un organico fino a nove dipendenti al
momento dell’assunzione (sulle modalità di calcolo vale ancora quanto
l’Istituto affermò con la circolare n. 22/2007) e quella del 10% per tutta la
durata del periodo formativo per le imprese che occupano più di nove lavoratori, non sono
soggette ai controlli usuali determinati da sgravi contributivi o incentivi di
natura economica (art 1, comma 1175 e art. 31 del D.L.vo n. 150/2015), previsti da altre
norme.
La
contribuzione del 10% continua per dodici mesi successivi
al “consolidamento” del rapporto al termine del periodo formativo, mentre, per
le assunzioni che intervengono nel periodo 1° gennaio 2021 – 31 dicembre 2022,
viene meno la particolare agevolazione contributiva già prevista dal comma 106
dell’art. 1 della legge n. 205/2017;